I ricercatori hanno creato un modello cerebrale usando l’I.A.

A tutti noi piace pensare di essere quelli che conoscono meglio sé stessi, ma dato che la nostra attività cerebrale è in gran parte governata dalla nostra mente subconscia, probabilmente è il nostro cervello a conoscerci meglio. Anche se questa è solo un’ipotesi, i ricercatori giapponesi hanno ideato un sistema di suggerimento di contenuti che presuppone che questo sia vero.

Essenzialmente, quando il cervello è esposto a certe informazioni, tale sistema utilizza i segnali cerebrali dell’utente (raccolti tramite una risonanza magnetica), e pian piano, esaminando numerosi utenti e contenuti, costruisce un modello generale dell’attività cerebrale. In questo modo è possibile prevedere le scelte dell’utente come se si avesse una copia dei comportamenti del suo cervello.

“Una volta ottenuto il modello ‘definitivo’ del cervello, dovremmo essere in grado di calcolare con precisione l’attività cerebrale di una persona esposta a un contenuto specifico”, ha affermato il Prof. Ryoichi Shinkuma dell’ Istituto di Tecnologia di Shibaura, Giappone, che ha fatto parte del team che ha avuto l’idea. “Questo potrebbe fornire potenti soluzioni in campo commerciale, come ridurre i costi della pubblicità mirata”. In pratica, conoscendo le reazioni di un determinato modello cerebrale sarebbe poi possibile comprendere meglio le preferenze di tale cervello.

Tuttavia, uno svantaggio importante è il costo elevato della risonanza magnetica. Una normale scansione del cervello comporta i costi di implementazione e manutenzione di una risonanza magnetica, i costi del lavoro degli specialisti e i costi di reclutamento di un gran numero di partecipanti. Di fronte a questa sfida, il Prof. Shinkuma e il suo team hanno trovato una soluzione ingegnosa: utilizzare le informazioni del profilo delle persone per dedurre il loro modello cerebrale.

In un nuovo studio pubblicato nel IEEE Transactions on Systems, Man, and Cybernetics: Systems, si propone un sistema per bilanciare le prestazioni associate alla realizzazione del modello cerebrale dalle informazioni ottenute dal loro profilo e il costo di acquisizione di tali informazioni.

“Il nostro sistema utilizza l’apprendimento automatico (machine learning) per creare un modello cerebrale basato sul del modello del profilo”, ha spiegato il Prof. Shinkuma. “Per ridurre il costo della raccolta di informazioni, utilizziamo la capacità di selezione delle caratteristiche del machine learning per restringere il numero di voci del questionario stimando la misura in cui ogni voce contribuisce alle prestazioni di un’inferenza”.

Il contributo del singolo elemento del questionario è stato quantificato assegnandogli un “punteggio di rilevanza”, e solo quelli con quello più alto sono stati mantenuti per l’inferenza. Come risultato, il team è stato in grado di mantenere buone prestazioni di deduzione riducendo il costo delle informazioni.

Per convalidare l’efficacia del loro sistema, il team ha valutato l’accuratezza delle prestazioni utilizzando un modello cerebrale ottenuto sperimentalmente e un altro modello basato su informazioni di profilo reali. Hanno poi scoperto che il sistema aveva raggiunto quasi lo stesso livello di accuratezza di deduzione del modello cerebrale che impiegava 209 questionari utilizzando solo le 15-20 voci più importanti. Questo suggerisce che solo il 10% delle voci del questionario sono sufficienti per dedurre il modello del cervello.

“Un importante passo ulteriore sarà quello di determinare la migliore combinazione di machine learning e metodo di selezione delle caratteristiche per ottimizzare le prestazioni del nostro sistema”, ha spiegato il Prof. Shinkuma. “Allo stesso tempo, dovremo ridurre il costo totale di calcolo per le applicazioni nel mondo reale che coinvolgono un gran numero di utenti”.

La nostra conoscenza di chi siamo potrebbe quindi venire dall’esterno in un futuro non troppo lontano. L’intelligenza artificiale sarà in grado di accedere alla nostra privacy più profonda? I modelli cerebrali saranno venduti per sfruttare i ragionamenti di altre persone? Dovremmo rifletterci.

Fonte neurosciencenews.com