una commedia dall’origine realistica

Tutte le volte che riguardo Ghostbusters, mi ritorna in mente come già vedendolo da bambino, non lo percepivo come una semplice commedia sui fantasmi, ma c’era qualcosa in più. In un certo senso per me era più una commedia paranormale, nel senso che la storia apparentemente leggera e adatta a tutti, era però supportata da una storia di fondo molto più seria. E forse inconsapevolmente già percepivamo questa cosa le prime volte che lo vedevamo, anche se non ce ne rendevamo conto. Ed è forse anche questa una delle ragioni del successo del film.

Ghostbusters rappresentava per noi bambini dell’epoca una sorta di documentario sui fantasmi e fenomeni paranormali.

Ai tempi non avevamo tante informazioni a disposizione sul mondo che ci circonda, e la maggior parte delle cose che imparavamo, venivano dalla televisione. Non c’era Google, ed era difficile conoscere qualcosa di specifico su un determinato argomento, poiché non si sapeva dove andarlo a cercare, e molto spesso, certe cose non sapevamo neanche che esistessero. A volte il passaparola era il colpo di fortuna per venire a conoscenza di temi sconosciuti, oppure il libro che per caso ti capitava tra le mani che conteneva proprio quelle determinate informazioni. Ad ogni modo, il fatto che Ghostbusters sembrasse più di una semplice commedia, non era un’idea tanto campata in aria.

Dan Aykroyd, che tutti conosciamo nel film come Ray, era anche colui che scrisse la sceneggiatura del film assieme ad Harold Ramis (ossia Eagon nel film). E in alcune interviste ha più volte dichiarato che come ispirazione per il film prese spunto dalle esperienze paranormali del bisnonno, un esperto di spiritismo e parapsicologia, le cui vicissitudini si erano poi tramandate al nonno di Dan fino a suo padre. Tutto ciò ha fatto sì che nella famiglia Aykroid il paranormale fosse di casa, e da lì, di conseguenza, nacque il forte interesse di Dan per l’argomento.
Tutto questo non fa che confermare ciò che abbiamo detto: le fondamenta di Ghostbusters hanno radici da esperienze e racconti reali, per questo non la percepiamo come una semplice storia di fantasia.

Oltre a questo aspetto però, nel film notiamo come paradossalmente l’approccio per la cattura dei fantasmi sia di tipo scientifico, attraverso una serie di strumenti tra cui: lo zaino protonico, le trappole, e il rilevatore di energia psicocinetica. Anche in questo caso Dan Aykroyd ha rivelato di interessarsi anche alle più rivoluzionarie teorie scientifiche, come quelle sulla fisica quantistica che venivano descritte nella rivista “Journal of the American society for physical research” in cui si trattavano anche ricerche su scienza e parapsicologia; teorie di cui si parla poco anche oggi, ma che nell’84 erano qualcosa di eccezionale, soprattutto in un film e ancora meno in una commedia.

Tutto ciò ha permesso a Dan di sviluppare tutta la teoria che sta alle spalle per quanto riguarda il concetto della cattura degli spettri usando un fascio di protoni (quindi energia positiva), emesso da un ciclotrone (un acceleratore contenuto nello zaino protonico) che teoricamente intrappolerebbe l’energia negativa emessa dai fantasmi dissipando di conseguenza la loro energia psicocinetica.

Oltre a questo, anche parte della terminologia come alcuni degli strumenti citati sono entrati a far parte della cultura popolare proprio grazie al film. Ad esempio il termine ectoplasma esisteva già prima del film. Adottato per la prima volta nel 1875, esso descriveva infatti il fenomeno che si nota impresso in alcune fotografie dell’epoca in cui vi era la presenza di una sostanza sconosciuta che fuorisciva dal corpo di alcuni medium. Tuttavia la maggior parte delle persone oggi conosce quel termine proprio grazie al film.

Ma se invece pensiamo ai Ghosthunters, coloro che si occupano davvero di fenomeni paranormali, non si può fare a meno di notare come essi si rifacciano proprio ai Ghostbusters e anche alcuni dei loro strumenti, come ad esempio il K2 (usato per rilevare le alterazioni dei campi elettromagnetici considerate un indicatore della presenza di qualche entità). Tale strumento sembra infatti ricordare il rilevatore di energia psicocinetica usato da Eagon per scovare presenze soprannaturali. Quindi perché rifarsi a un film per tali attività se non si basasse su un approccio corretto? Evidentemente da piccoli avevamo già avuto la giusta intuizione.

k2

Quando ripenso invece al cartone animato, sembra curioso che tutte le volte che lo ricordo con alcuni amici, la puntata che tutti menzionano come più paurosa sia quella del Babau. Forse perché incarnava meglio le paure di noi da bambini, o perché era quella più vicina a noi culturalmente, ma resta comunque singolare come molti confermino questo aspetto. E mi piace pensare che quando la trasmisero fossimo tutti lì insieme a vederla.

I primi due film sono quindi un buon esempio di commedia supportata da un sottotesto più serio e studiato che gli dà quell’impronta realistica, senza però sovrastare l’aspetto più leggero della commedia. È come se la storia di fondo sul paranormale venga percepita a livello subconscio dal nostro cervello e la storia principale a livello conscio, ma come tutte le cose subconscie ci rimane quella percezione inconsapevole che credo sia ciò gli doni quel qualcosa in più, ma che per anni non sapevamo spiegare. E la cosa è evidente se si guarda il reboot, dove tutto ciò che riguarda il paranormale non ha un minimo di riferimento serio sull’argomento al contrario dell’originale, ma è piuttosto commedia al 100%. Infatti rimane un film che non ci lascia nulla, neppure per la semplice storia.

Se Ghostbusters fosse stato al 100% un film horror o thriller, probabilmente sarebbe davvero diventato per tutti un documentario o un tutorial sulla caccia ai fantasmi. Sempre che abbia senso dar loro la caccia…

Tuttavia, proprio per il suo successo e coinvolgimento, per anni abbiamo tutti quanti aspettato l’arrivo di un terzo film, ma probabilmente ciò che gli si è avvicinato di più è stato il videogioco uscito nel 2009 che con le voci originali e una storia più coerente con le precedenti, ha regalato anche solo a livello videoludico un’esperienza godibile.

Ciononostante quando è uscito il capitolo finale della saga vero e proprio ci sono stati pareri discordanti. E anche per me è stato così. Lo definirei un film con alcuni elementi giusti, ma al posto sbagliato. Con Ghostbusters Legacy ci troviamo di fronte ad un film che ci vuole riportare alle atmosfere anni ’80, ma con la prospettiva odierna, ossia come con Stranger Things, solo che facendolo con un film che già esisteva all’epoca, si percepisce tutto il distacco con quell’era.

In questo capitolo si torna alle origini della storia del primo film e quindi tutto ciò che rimane di quel sottotesto paranormale originale viene in qualche modo riciclato, e riproposto con l’approccio di oggi. E richiamare il primo film poteva anche starci, dato che solitamente la conclusione di una trilogia ci riporta alle origini (Anche se in questo caso, il secondo film pare sia stato ignorato come parte della storia). Qui però si perde quell’alone di serietà che forse si sarebbe potuto mantenere rendendo protagonisti i Ghostbusters originali per tutta la durata del film.

Oltretutto ci sono alcune scene che rendono il film ancora più distante dalle atmosfere dei primi capitoli, come ad esempio quando i pupazzetti dell’omino dei marshmellow appaiono mentre i protagonisti sono al supermercato, cosa che lo fa sembrare più un film a tecnica mista che una commedia.

In definitiva, pur essendo una commedia, i primi due film hanno i loro momenti in cui lasciano trapelare quell’alone di puro paranormale. Basti pensare alla scena della biblioteca, quella della poltrona con Dana Barrett, quella nella ferrovia abbandonata o quelle con Vigo, ma anche quando le foto del fiume di melma prendono fuoco ad esempio.

Infine, non possiamo non citare la memorabile colonna sonora che ci ha accompagnato negli anni, sia guardando il film che nei pomeriggi guardando il cartone che rimane ancora oggi un pezzo degno di nota.