Un fenomeno sempre più diffuso

Molti non sanno cosa si intenda per “ghosting”. Alcuni potrebbero pensare a qualcosa di sovrannaturale, in realtà si tratta di una pratica che molti abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, e magari che abbiamo anche attuato volontariamente pur senza conoscerne la definizione. Il “ghosting” succede quando una persona con cui avevamo dei rapporti, da breve o lungo tempo, improvvisamente sparisce nel nulla non facendosi più sentire. Spesso la sparizione, da cui il termine “ghosting” (da ghost ossia fantasma), è accompagnata anche dal blocco sui social e del numero di telefono. È una sparizione completa, spesso senza preavviso, soprattutto senza una spiegazione chiara del perché avviene.

Solitamente avviene tramite persone che stanno per intraprendere una nuova conoscenza ai fini di una nuova relazione, ma può capitare anche con persone che si conoscono da molti anni. Anche gli amici sono parte di questa lista, e più il rapporto era radicato, più la vittima appare disorientata, proprio perché non si spiega tale comportamento, soprattutto da una persona che si pensava di conoscere così bene.

La drasticità di tale comportamento è che non si hanno preavvisi, e quando lo si subisce si rimane con una domanda fissa in testa che continua a tormentarci: “Perché?”, “Cos’ho fatto di male?”

Magari conosciamo una persona e ci usciamo per un appuntamento, le cose sembrano andare bene. Ci si sente per un po’ e sembra che le cose stiano funzionando. Poi di punto in bianco la persona non risponde più. Ci chiediamo il perché. Anche se all’inizio cerchiamo di giustificare la cosa con il fatto che le mancate risposte siano dovute ad impegni vari. Poi man mano che passa il tempo ci accorgiamo che siamo stati bloccati dai social e di non riuscire più a chiamare.

Tuttavia i casi possono anche essere peggiori, soprattutto se la relazione è già consolidata e il “ghosting” avviene dopo molti anni. Stessa cosa per le amicizie: quando si è amici ormai da anni, si tende a dare per scontati certi atteggiamenti, si pensa di sapere la maggior parte di cose del proprio amico\a. Così quando subiamo il fenomeno del “ghosting” rimaniamo in una sorta di limbo in cui la realtà non ci sembra più la stessa. Dal momento della sparizione, ci sembra che la persona che conoscevamo sia totalmente un’altra, ma allo stesso tempo non riusciamo ad odiarla totalmente, poiché i momenti piacevoli vissuti assieme vengono come separati dal comportamento attuale perché troppo contrastante coi precedenti.

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Il cervello, essendo abituato a cercare risposte, in questo caso continua a rimuginare e a fare ragionamenti per cercare una soluzione che non troverà mai. Allora inizia a salire la rabbia, alternata alla tristezza. Siamo arrabbiati col nuovo atteggiamento della persona e siamo tristi poiché ci ha fatto tale torto. Oltre al fatto che cerchiamo di dare una nuova prospettiva anche ai momenti positivi. Saranno stati sinceri oppure falsi già da allora? Il piacere che abbiamo avuto è stata un’illusione? E in mezzo a tutta questa incoerenza, gli sbalzi di umore sono continui e non si sa che strategia attuare.

Viene sicuramente da chiedersi come l’altra persona starà vivendo la cosa. Se avrà un minimo di rimorso per il male fatto. Oppure se la sua spietatezza e indifferenza saranno perenni. Senz’altro chi attua il “ghosting” inizialmente si potrà sentire liberato da un peso e dalle responsabilità. O persino contento di aver ottenuto ciò che voleva, ma alla lunga dovrà fare i conti col suo evitamento. Assieme al timore di incontrare la sua vittima e doverne rendere conto, e dall’altra convivere sapendo di aver attuato un comportamento scorretto, anche se non è detto che potrà mai pentirsene. Solitamente chi compie tali azioni tende a giustificarle credendosi nel giusto, piuttosto che ammettere di aver sbagliato. Alla lunga è quindi probabile che tali persone tendano a ripetere tale comportamento anche con altre persone, rendendo la cosa sempre più complicata da gestire.

La sensazione che si prova nel subire tale comportamento, oltre alla confusione e agli sbalzi d’umore, viene spesso paragonata ad un lutto. Un lutto dove però non c’è il corpo su cui piangere, ma si piange su una realtà e sugli aspetti di una persona che non ci sono più. Se in un lutto reale, sappiamo che tutto finisce lì; in questo caso siamo tormentati anche dal fatto di non sapere cosa possa fare e come sarà la vita della persona che non vediamo più. Migliorerà o peggiorerà? E ci si sente schiacciare da questa miriade di pensieri mentre si è lì seduti a rimuginare senza sapere cosa fare, ma soprattutto senza che sia data la possibilità di parlare.

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Il “ghoster” (colui che mette in atto la pratica) è quindi una persona incapace di affrontare situazioni troppo cariche emotivamente ed è incapace di assumersi la responsabilità, così come gestire le conseguenze di un conflitto. Il “ghoster” ha paura della reazione della vittima, ma anche di dover manifestare il proprio comportamento in faccia all’altra persona. Pertanto sceglie di fuggire e di non affrontare la situazione.

Le cause di tale comportamento potrebbero risalire al periodo dell’infanzia del “ghoster” in cui abbia subito un comportamento di disinteresse verso i suoi bisogni emotivi, magari da parte di genitori che l’hanno più volte trascurato. Tuttavia, le cause possono nascere anche da episodi avvenuti da adulti. Delusioni irrisolte che si trascinano nel tempo fino a sfociare in una sorta di vendetta personale verso terzi, senza che siano i diretti responsabili di ciò che ha subito in passato.

Per cercare di uscire da questa situazione è bene, innanzitutto, evitare di tormentarsi con domande ossessive da cui non riusciamo a darci risposta. Bisogna invece concentrarsi su se stessi e puntare agli obiettivi che ci interessano, che vogliamo raggiungere e ci danno soddisfazione. Inoltre, bisogna smettere di idealizzare tale persona, evitando di concentrarsi troppo sui suoi pregi, ma evidenziando anche i difetti che probabilmente già erano presenti, al fine di rendere meno irrealistica la visione eccessivamente idilliaca che ne avevamo. Quindi non si tratta di considerare due persone distinte (il prima e il dopo), ma la stessa persona e quello che è stata in grado di fare nel suo complesso e capire che se ci teneva veramente non lo avrebbe fatto. Può aiutare anche cercare di far emergere i vantaggi che potremmo avere nell’assenza di tale persona, magari anche pensando a come vivevamo prima di conoscerla.

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Diverso è il caso in cui è invece la vittima a sparire di fronte ad una relazione tossica. In questo caso tagliare i contatti diventa un’arma vantaggiosa per chi subisce, poiché quando dall’altra parte non c’è la consapevolezza del comportamento negativo che si sta attuando e la situazione diventa sempre più soffocante, l’unica soluzione è la sparizione.

Al di là di tutto, personalmente, non sono tuttavia convinto che lasciare il “ghoster” in balia del suo destino sia sempre sufficiente, soprattutto in casi di relazioni molto lunghe. Viviamo in un mondo reale, e se si fa così tanto male bisogna almeno avere il coraggio di giustificarsi faccia a faccia. E per questo che prima o poi ci troveremo di fronte al “ghoster” e invece di voltarci dall’altra parte, sarebbe più che giustificato chiedere spiegazioni e vedere come si rapporterà con la sua vergogna. L’importante è avere chiarito prima di tutto i nostri dubbi interiori e sapere che nel bene o nel male le persone ci insegnano sempre qualcosa, anche se sembra che ci abbiano rubato solo del tempo ed energia.