Quando l’incoerenza vuole diventare coerente

Crediamo tutti di essere persone coerenti e di seguire una linea, soprattutto per quanto riguarda la moralità. Nessuno va in giro a dire di essere una persona incoerente, anzi, è più facile che ci lamentiamo delle incoerenze altrui. Tuttavia per quanto possiamo credere di essere conformi alle nostre idee e principi, spesso e volentieri doppiamo far fronte a diverse contraddizioni più o meno gravi. Spesso riguardano solo noi stessi, altre volte sono nei confronti di altri. Qualche volta sono banalità, altre volte cose molto più pesanti. E più la contraddizione è dura da digerire per la nostra mente, più essa stessa cerca un modo di dare un senso alla contraddizione: si giustifica, ma spesso e volentieri non si è nemmeno consapevoli di tale giustificazione poiché si crede vivamente nella scusa che ci si è creati. Ecco quando interviene la dissonanza cognitiva.

Il classico esempio è quello del fumatore. Tutti noi abbiamo sentito almeno una volta un fumatore dire, di fronte alla frase “il fumo fa male”, “mia nonna è morta a cent’anni ed era un’accanita fumatrice”.

Oppure qualcuno che ha fatto un torto a qualcuno dire: “tanto è uno stronzo”.

Fino ad arrivare a episodi più estremi, come nel caso degli omicidi, in cui il carnefice riesce a giustificare l’atto criminoso disumanizzando la vittima attraverso termini come: animale, bestia, ecc…

Tutte le volte che facciamo qualcosa che va contro una condizione di coerenza (consonanza), riguardo alle nostre convinzioni, azioni, principi, ecc.; proviamo diverse sensazioni di fastidio, spesso inconsapevoli: senso di colpa, vergogna, imbarazzo che vogliamo eliminare. Il nostro bisogno di mantenere un’alta considerazione di noi stessi, contro la sensazione di malessere provocata da informazioni discrepanti con il concetto che abbiamo di noi stessi, fa nascere la dissonanza cognitiva: ossia la necessità di correggere le nostre contraddizioni con una giustificazione.

Questo concetto è stato elaborato dallo psicologo e sociologo Leon Festinger negli anni ’50 e veniva definito come un’incoerenza tra due cognizioni: pensieri e opinioni che avviene ogni volta che compiamo un’azione che ci dà una sensazione di assurdità, stupidità o immoralità riguardo noi stessi.

Come può quindi un individuo eliminare tali contraddizioni con se stesso?

Principalmente in 4 modi se escludiamo l’interruzione del comportamento dissonante, nel nostro esempio: smettere di fumare.

  1. Attraverso la distorsione: Es. Gli studi sul fumo non sono del tutto chiari.
  2. Attraverso una giustificazione: Es. Il fumo mi rilassa.
  3. Negando o ignorando alcuni elementi: Es. Il fumo non fa male perché mia nonna è arrivata a 100 anni.
  4. Aggiungendo degli elementi: Es. I nuovi filtri permettono di ridurre notevolmente la nocività delle sigarette.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la risposta alla dissonanza è anche correlata al grado di autostima. Una persona con un’alta stima di sé tenderà a sperimentare una maggiore dissonanza rispetto a chi ha una bassa autostima. Se ad esempio una persona con elevata autostima dovesse compiere un’azione immorale, sperimenterebbe una maggiore dissonanza e di conseguenza dovrebbe sforzarsi molto per ridurla proprio perché l’azione compiuta sarebbe molto distante dall’opinione che ha di sé. Al contrario, un individuo con poca autostima percepirebbe meno dissonanza, poiché la bassa autostima coinciderebbe maggiormente alla propria percezione di sé, ossia quella di una persona orribile che ha fatto qualcosa di spiacevole.

C’è poi da aggiungere che tanto più un comportamento è importante e/o irrevocabile, maggiore sarà il bisogno di ridurre la dissonanza poiché il prezzo da pagare è stato elevato. Succede spesso con gli acquisti: più abbiamo speso per un prodotto e più successivamente tendiamo ad apprezzarlo meglio e a minimizzarne i difetti, proprio per via dell’eccessivo sforzo cognitivo fatto. Più la posta in gioco è alta e irreversibile, più il peso è grande da sostenere, come con le promesse, giuramenti, vincoli, ecc…

Anche fra culture diverse è possibile notare comportamenti differenti nei confronti della dissonanza cognitiva. Tendenzialmente le società collettiviste (in cui i bisogni del gruppo sono più importanti di quelli dell’individuo), il comportamento di riduzione della dissonanza è meno presente o può avvenire che un osservatore esterno si allinei alla dissonanza di chi osserva come per conformarsi al gruppo. Ad esempio, se una persona si giustifica per aver detto o fatto qualcosa di spiacevole, anche chi lo osserva tenderà ad allinearsi al comportamento di chi sta osservando. Un comportamento totalmente differente rispetto alle società più individualiste.

Un altro aspetto da considerare è sicuramente la differenza tra una giustificazione esterna ed interna. Mentire sul fatto che il taglio di capelli della nostra fidanzata sia brutto, rappresenta una giustificazione esterna per non arrecare dolore ad una persona a cui teniamo. Laddove invece non sia possibile applicare una giustificazione esterna, tentiamo di trovarne una interna: magari enfatizzando aspetti positivi di second’ordine. Potremmo quindi apprezzare il fatto del cambiamento di look come una qualità nel saper provare qualcosa di nuovo.

Dunque è importante per noi essere coerenti, anche quando non lo siamo, a costo di autoconvincerci che le cose che minano tale coerenza non lo stiano facendo.

La coerenza rimane un fattore fondamentale per i rapporti sociali. Ci permette sia di sapere chi siamo, ma anche di sentirci protetti da attacchi esterni quando veniamo accusati di un comportamento contraddittorio. Ancora più importante però, è la coerenza nei confronti degli altri poiché se gli altri sanno cosa aspettarsi da noi, e noi dagli altri, sappiamo se poterci fidare o meno. E infatti proprio quando qualcuno si comporta troppo incoerentemente che non sappiamo più chi è, cosa vuole, cosa si aspetta, e quindi non possiamo dargli fiducia. Come quando un nostro caro amico ci fa tante belle promesse e poi finisce per non mantenerne nessuna perché il suo egoismo ha prevalso, ma nonostante ciò vuole avere ancora ragione. Il nostro amico usa la dissonanza cognitiva per difendere la sua incoerenza, ma noi non possiamo fare a meno di vederlo come inaffidabile poiché non sappiamo più chi è quella persona che ci ha promesso così tanto, per poi violarlo come se niente fosse.

Coerenza però non significa ostinarsi su una posizione che sappiamo essere sbagliata. Quante volte scopriamo che la nostra visione delle cose non era poi così giusta, e giustamente cambiamo opinione. L’importante è farlo con cognizione di causa e facendolo presente, non fingendo che la nuova opinione sia quella che abbiamo sempre avuto, poiché gli altri lo vedranno sì come un’incoerenza. Così come quando si cambia idea repentinamente solo per seguire gli altri o una moda: quella è pura incoerenza.

La dissonanza cognitiva può essere un danno quando si difende un’azione profondamente sbagliata senza avere il coraggio di ammettere i propri sbagli. Tuttavia possiamo anche sfruttare questo comportamento per fini positivi: magari convincendoci che un comportamento che ci piace poco, ma che ci fa bene, ci migliorerà la vita.